Fuori la guerra dalla storia potremo vivere meglio – vogliamo vivere meglio

Ucraina, Palestina, Yemen, Mar Rosso sono i campi di battaglia, quelli più conosciuti, della terza guerra mondiale a pezzi che rischia di farci precipitare nel baratro della guerra nucleare. Invio di armi e aumento delle spese militari invece di trattative e cooperazione: i Governi Europei e quelli che si succedono in Italia marciano ottusamente su questa strada. Le popolazioni invece sono di tutt’altro avviso, proviamo quindi a fermarli. 

La guerra porta morti e distruzione sui campi di battaglia ma, anche dove non cadono le bombe, porta aumento di prezzi, taglio delle spese sociali, diminuzione dei salari, precarietà, condizioni di vita sempre peggiori

La guerra costa e ci mette in ginocchio. Favorisce la crisi economica, la speculazione sui beni primari, l’aumento delle disuguaglianze e la povertà.

Per questi motivi mettere le guerre fuori dalla storia deve rappresentare la priorità nell’agenda politica popolare italiana, europea, mondiale.

Siamo in una organizzazione della società che mette tutti in competizione, individuo contro individuo fino ad arrivare a Popoli contro altri Popoli. Il profitto governa questa competizione che il capitalismo ha portato all’esasperazione e che mette in pericolo l’ambiente e la nostra stessa esistenza.

Il nostro è un mondo in crisi perché il capitalismo è in crisi. I cambiamenti nel e del sistema produttivo, la finanziarizzazione di un capitale che riproduce solo se stesso, la concentrazione della ricchezza in mano di pochi, unita alla mancanza di politiche redistributive, hanno devastato il mondo del lavoro e tagliato la spesa sociale per scuola, sanità ecc. Aumento della precarietà, delle morti sul lavoro, dei salari da fame, delle persone che non riescono più a curarsi, sono alcune delle conseguenze. Accanto a questi elementi lo sfruttamento incosciente della natura, i fenomeni migratori provocati dalla spoliazione delle ricchezze dei paesi del sud del mondo e le guerre, hanno seminato un senso profondo di inquietudine, precarietà e malessere socioeconomico che nega la speranza in un futuro migliore a parti sempre crescenti di popolazione. 

La manipolazione delle cause dei problemi e del malessere sfocia in un egoismo sociale a cui si forniscono valvole di sfogo che individuano di volta in volta nuovi nemici su cui scaricare generiche colpe. Su tutto domina un senso di paura diffuso in cui trovano spazio politiche securitarie e repressive. Va da sé che in questo quadro si sia affermata una destra che sta tentando di ridefinire le nostre istituzioni in senso   autoritario. La negazione dell’importanza della lotta partigiana e dell’apporto dato dai Comunisti di questo paese nella nascita della Repubblica è la naturale conseguenza. Siamo al punto che anche le parole di un cantante contro il genocidio in Palestina e per la pace facciamo paura e creino polemiche.

Dobbiamo ribellarci e lottare insieme per cambiare questa situazione, far tacere le armi è possibile. Lo dobbiamo fare perché abbiamo difronte un capitalismo che per continuare a sopravvivere deve impossessarsi delle sempre più scarse risorse naturali e che per ottenere questo oggi fa le guerre, guerre di conquista.

Un capitalismo cieco che sta distruggendo anche l’unica sua casa: la terra.

Siamo quindi contro le guerre perché non fanno mai gli interessi dei popoli, servono solo ad accrescere i fatturati delle industrie belliche e ad affermare logiche di sopraffazione tutelando interessi di pochi.

Roma durante questi due anni di guerre ha ospitato decine di mobilitazioni, soprattutto gli ultimi mesi, contro il massacro in atto a Gaza. La solidarietà italiana, e romana, con la causa palestinese ha una storia lunga e ricca. Perfino la mostra di Berlinguer in atto al mattatoio ha detto la sua nel dibattito aperto in città, ha ricordato la storia della lotta per la pace in Italia, contro i missili a Comiso, a fianco della lotta del popolo Palestinese e contro l’occupazione.  

Questa città, medaglia d’oro della resistenza, deve provare ad attivarsi decisamente per la pace. Possiamo prendere a esempio ciò che ha deciso Barcellona. La città catalana ha deliberato un appello al governo nazionale di Sanchez per farsi promotore di un cessate il fuoco a Gaza sostenuto dalla sospensione di qualsiasi trattato e/o accordo, sia militare, commerciale o scientifico con Israele. In questo modo il cessate il fuoco è molto di più di un buon desiderio.

L’unico vaccino contro le guerre, e quindi contro il capitalismo, è l’unione degli sfruttati, di quelli che credono nella giustizia sociale, di quelli che vedono nel prossimo un proprio simile.

Questa lotta, quindi, riguarda tutti e tutte, è necessario unirsi contro le guerre per la giustizia sociale, per migliori condizioni di vita a partire dalle nostre case, dai nostri quartieri, per togliere le risorse destinate alle armi e costruire scuole, case, ospedali, dare lavoro e un salario dignitoso a tutti e tutte. 

Facciamolo insieme

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20/2/24

Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

Circolo Tina Costa di Torpignattara – Roma

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