FABIO AMATO: “SYRIZA VINCE PERCHE’ FA CONFLITTO DI CLASSE”
“In Grecia la crisi è stata letta con la chiave giusta, quella del conflitto di classe. E il conflitto premia elettoralmente Syriza che ha dato e dà questa lettura della crisi” …“Io spero che la vittoria di Syriza riporti il discorso politico europeo attorno alla questione sociale e di classe, rimossa durante la crisi. E che grazie a questo anche negli altri paesi europei colpiti duramente dalla crisi i lavoratori e il movimento operaio ritrovino la capacità di cambiare l’ordine del discorso politico”.
La Grecia si prepara ad una svolta che potrebbe essere storica. Matura nelle coscienze del popolo greco l’idea che il debito pubblico debba essere ricontrattato ed insieme ad esso le condizioni di estrema difficoltà nelle quali è costretta, dalle politiche neoliberiste, una grande fetta della popolazione greca. Il programma di Salonicco, cioè il programma di Syriza, stando ai sondaggi, sembra ormai assumere le dimensioni di un programma di governo. Eppure come si può immaginare il percorso è ancora lungo e complesso. Questa nuova fase in Grecia, sicuramente più avanzata della precedente, apre comunque ad alcuni interrogativi sulla natura strategica e rivoluzionaria del programma di Salonicco e di conseguenza sull’impostazione generale della via democratica al socialismo in Europa nelle condizioni attuali. Il Partito Comunista greco KKE, per citare un’altra voce nel campo della sinistra radicale greca, ritiene, ad esempio, strategicamente rischioso anteporre l’obiettivo dell’uscita dall’euro al programma di conquista di una società socialista. Dunque anche la cancellazione del debito è per il KKE un obiettivo secondario rispetto alla conquista dei mezzi di produzione da parte del proletariato, obiettivo che solo a quel punto potrà essere posto in tutta la sua dimensione in maniera unilaterale e senza trattative.
Fermo restando il dibattito, che c’è ed è fondamentale, rimane il fatto che Syriza è oggi il primo Partito greco con una lettura ed un programma di classe di superamento del conflitto in corso. Riteniamo dunque importante interrogarci sulle scelte che hanno consentito l’ascesa del partito guidato da Alexis Tsipras.
Intervista a Fabio Amato, responsabile esteri del Partito della Rifondazione Comunista
Di Pasquale Vecchiarelli
La mancata elezione del Presidente della Repubblica greca ha aperto le porte alle elezioni anticipate che si terranno il 25 Gennaio. I sondaggi elettorali accreditano Syriza, partito della sinistra radicale guidato da Alexis Tsipras, al primo posto con percentuali superiori al trenta.
Ne parliamo con Fabio Amato, dirigente militante del Partito della Rifondazione Comunista dove ricopre il ruolo di responsabile esteri, candidato alle Europee del 2014 nella lista dell’Altra Europa per Tsipras.
Fabio, come spieghi la crescita di Syriza in questi anni e quanto ha influito una linea politica orientata alla costruzione del conflitto sociale in un’ottica di alternativa senza compromessi di governo?
Credo che Syriza si sia accreditata come forza di alternativa al duo Pasok – Neo Democratia per la sua chiara linea politica, che ha evitato qualsiasi compromesso con i partiti responsabili del disastro e di aver svenduto il paese alla troika, e per la sua capacità di essere riconosciuta dai movimenti sociali. In Grecia inoltre le misure di austerità hanno subito visto una forte mobilitazione popolare, di classe. Anche i sindacati tradizionalmente vicini al Pasok non hanno esitato, a differenza di quello che è accaduto in Italia per esempio, a manifestare, anche duramente, contro le politiche imposte dal memorandum. In Grecia la crisi è stata letta con la chiave giusta, quella del conflitto di classe. E il conflitto premia elettoralmente Syriza che ha dato e dà questa lettura della crisi, nonostante i tentativi anche in Grecia di fomentare forme di antipolitica e di favorire scissioni moderate, come quella di Dimar, nate in nome di una sinistra di governo e moderna, e poi finite a fare da stampella alla Troika.
I sondaggi hanno spaventato la Troika e dalle cancellerie europee, Junker in testa, è partito un fuoco incrociato contro Syriza. Qual è la loro paura più grande?
La loro paura più grande è di non avere un governo piegato alla grande coalizione delle banche, quella fra conservatori e socialdemocratici europei, che è stata la base politica della costruzione di un’Europa liberista prima e dell’austerità poi. Di un governo che sveli le bugie e le falsità sul debito. Che inverta le priorità. Non quella di pagare gli interessi usurai sul debito pubblico al capitale ma che risponda ai bisogni sociali della popolazione e del paese.
Quali sono invece le prospettive per il popolo greco, ed in generale per i lavoratori dell’Unione Europea, che si aprirebbero grazie ad una eventuale vittoria di Tsipras in Grecia?
Per il popolo greco di avere un governo che difenda il popolo greco e non le banche. E che si apra in Europa un conflitto reale sul futuro dell’Unione Europea, sul suo sistema di funzionamento, sulla sua architettura istituzionale fino ad oggi pensata a misura esclusiva del modello neoliberista. Io spero che la vittoria di Syriza riporti il discorso politico europeo attorno alla questione sociale e di classe, rimossa durante la crisi. E che grazie a questo anche negli altri paesi europei colpiti duramente dalla crisi i lavoratori e il movimento operaio ritrovino la capacità di cambiare l’ordine del discorso politico, aggredendo le vere ragioni della crisi, ovvero il fallimento delle politiche neoliberiste.
Thomas Piketty, docente all’Ecole d’économie parigina, autore del discusso saggio di economia politica dal titolo “Il capitale nel XXI secolo“, sostiene la svolta di Tsipras ed in questo è appoggiato dal Financial Times che individua nei partiti della sinistra radicale (Syriza e Podemos in testa) l’unica vera alternativa alle politiche di austerità. In particolare Piketty, incalzato dal giornalista di Repubblica sul presunto estremismo di Tsipras a suo dire sbandieratore dell’uscita dell’euro della prima ora, sostiene: “Sì, ma ora ha molto ammorbidito le sue posizioni. Si è rivelato, all’opposto, un leader fortemente europeista, una posizione che si assesterà ulteriormente se com’è probabile dovrà formare un governo di coalizione, visto che secondo i sondaggi non avrà più del 28% e quindi 138 seggi, 12 in meno della maggioranza. I più probabili alleati come sapete sono il neocostituito partito di centrosinistra Potami e l’altra forza di sinistra democratica Dimar, che gli garantirebbero un altro 8-10%. Certo, Syriza farà valere le sue posizioni in Europa, ma non sarà un male, anzi”.
La storia recente ci insegna che la via democratica al socialismo può essere praticata quando le condizioni date consentono di realizzare programmi realmente rivoluzionari, altrimenti, il rischio di una delusione forte è dietro l’angolo.
Io credo che esistano naturalmente grandi possibilità, e connesse ad esse sicuramente grandi rischi. Che sono legati, più che ad una presunta moderazione di Syriza, ai rapporti di forza con i poteri forti, con la Germania, con la BCE. Non sarà certo una passeggiata. Si tratta di mettere in discussione trent’anni di egemonia del blocco conservatore e socialdemocratico basato sul fondamentalismo neoliberista. In questo, proporre anche semplici politiche di redistribuzione, è rivoluzionario, in quanto cambia il paradigma della rivoluzione conservatrice che ha dominato in tutta Europa. Dipenderà molto anche dal fatto se saremo in grado nel resto d’Europa di costruire un movimento di sostegno alla lotta del popolo greco e alternative politiche in grado di battersi per cambiare il quadro politico anche in altri paesi dell’UE. Ad oggi altri Piigs, come Spagna e Irlanda, vedono forze anti-austerità di sinistra crescere e diventare possibili alternative. In Italia purtroppo siamo ancora molto indietro, ma è anche il frutto di un quadro sociale che è stato, fino allo sciopero generale scorso, silente e muto di fronte alla crisi. Come dicevamo dall’inizio della crisi, lo sbocco politico in Europa può essere o quello di sinistra, radicale e alternativo a quello socialdemocratico, complice della grande coalizione, oppure quello reazionario. Dobbiamo pertanto augurarci tutti il successo di un governo di Syriza. Un suo fallimento aiuterebbe solo la reazione o il blocco dominante che governa l’Europa.
Fabio secondo te come dovrebbe essere gestita sul piano tattico una eventuale vittoria di Syriza? Un eventuale governo di coalizione non rischierebbe di annacquare il programma Salonicco?
I compagni di Syriza sono consapevoli dei vari scenari possibili, così come delle conseguenze. Loro puntano ad avere la maggioranza assoluta dei seggi, e prima di fare previsioni aspetterei i risultati del voto reale più che fare ipotesi sui sondaggi. Anche perché non è per nulla detto che alcune delle forze citate, come Dimar, riescano a superare la soglia del 3 % per entrare in Parlamento. E fra le varie ipotesi vi è un’altra, ovvero quella di non negoziare il programma con nessuna forza che voglia diluirlo o boicottarlo, fare da cavallo di troia della troika, e di andare immediatamente a nuove elezioni chiedendo una maggioranza assoluta ai greci. E’ già accaduto due anni fa. Potrebbe accadere di nuovo. Ma io sono fiducioso che già dal 25 Gennaio Syriza possa avere i numeri per un governo popolare in Grecia. Starà poi alla sinistra di classe e radicale del resto di Europa far sì che di fronte al braccio di ferro che il governo e il popolo greco apriranno con i poteri europei, corrisponda una mobilitazione sociale e politica in grado di incidere nei rapporti di forza reali. I popoli europei hanno lasciato solo il popolo greco quando per primo subiva il ricatto della troika, non possiamo permettere che accada di nuovo, perché adesso è chiaro che ciò che è accaduto alla Grecia non è stato altro che la prova generale per imporre l’austerità e la conseguente brutale ridefinizione dei rapporti sociali e di classe a tutto il lavoro. Ora, potrebbe davvero aprirsi una nuova possibilità per tutti e tutte noi.
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