In questo 1° maggio di lotte e di piazze il quartiere ci ha visti impegnati principalmente in due lotte: una al lago Bullicante (largo Preneste) e l’altra a piazza Bartolomeo Perestrello.

Nella prima Cristina (del nostro circolo) ha ricordato come le lotte di quartiere che si sono intraprese dal 1992 ad oggi, hanno restituito alla cittadinanza l’area di pertinenza del lago e quella del Parco delle Energie e ha incoraggiato i  presenti nel mobilitarsi contro lo scempio che sta avvenendo in questi giorni nell’area attigua al lago.

A largo Perestrello Michela (PRC) ,dove i compagn@ si erano riuniti per ricordare il primo maggio, ha sottolineato il coraggio dei lavoratori migranti nel portare avanti le lotte nonostante la loro condizione avversa nel mercato del lavoro , e che proprio al loro coraggio bisogna ispirarsi per una lotta diffusa di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici.

Quest’anno i giorni  25 aprile e 1° maggio sono sembrati più vicini del solito .Sì perché a vedere bene la mobilitazione di tutti quelli che durante la resistenza si sono battuti per la liberazione dal nazi-fascismo è ora necessaria per liberare la nostra forza lavoro ,schiacciata tra la ricerca di un lavoro, dal lavoro sottopagato e sfruttato ,dalla costante riqualificazione del nostro cosiddetto capitale umano e la sopravvivenza  da questa pandemia.

La nostra forza lavoro è gestita come le scorte di un grande supermercato ed è utilizzata quando serve.

Siamo tutti sempre impegnati tra la ricerca di un lavoro e la ri-qualificazione del nostro capitale umano.  In questa società siamo tutti in formazione continua e vaghiamo nei gironi di chi cerca un lavoro, e questa è diventata l’unica occupazione a tempo pieno. Tra un lavoro e l’altro ci viene richiesto di studiare, di riqualificarci, di inventarci un lavoro, imparare un altro mestiere, o essere imprenditori di noi stessi e aumentare il nostro capitale umano. La vita diventa così l’alternanza tra un lavoretto e un contratto di somministrazione, tra il precariato e la disoccupazione . In questo sistema di produzione, la forza lavoro, che sia occupata, disoccupata, inoccupata, deve essere subordinata alla crescita del capitale umano. E, se non lo è, deve essere attivata con le cosiddette politiche attive del lavoro. Studenti, lavoratori, disoccupati: siamo pensati come veicoli del capitale. Ci dicono di combattere contro la stagnazione della recessione economica e di dare il nostro contributo alla ripresa di un’economia inchiodata , dove a farla da padrone sono le leggi dell’iper-precariato, del sotto salario e del lavoro volontario.  In questa società precaria questa è la vita che accomuna gli adolescenti agli ultraquarantenni. In questo sistema nessuno si può ritenere garantito. Il nuovo lavoro consiste nell’inviare curriculum, migliorare il profilo sulle diverse piattaforme di recruiting o pagare un corso di formazione . Su questa giostra finiamo, nostro malgrado, con l’incarnare solo il nostro capitale umano. Il sistema economico capitalistico ci obbliga all’auto-sfruttamento di noi stessi. Il superamento di questo è necessario, ma non può prescindere dalla contemporanea comprensione della sovrapproduzione  di cui siamo il prodotto: questo processo coinvolge ogni aspetto della nostra vita sociale, politica, produttiva, percettiva, affettiva e discorsiva. Usa strategicamente e subdolamente un linguaggio ispirato alle idee di felicità , autonomia, benessere, bene comune e poi ,invece, ci richiede sacrificio e pazienza. Si deve comprendere  questa politica che è alimentata dalla nostra soggettività, protagonista della merce che siamo: capitale umano. Nel mondo non ci sono solo capitalisti e il mercato è sempre governato da qualcuno che cerca il profitto ai danni degli altri. E non basta incarnare il proprio capitale umano . Bisogna rimuovere l’idea di essere padroni, evacuare il Capitale dalle nostre teste e prendere congedo da questa società dis-umanizzata. L’incantesimo deve essere spezzato.

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