Per una rinnovata coalizione di centro-sinistra e per un programma partecipato fondato sul rilancio del decentramento amministrativo

La mozione di sfiducia, presentata in data odierna [20 Marzo 2012, ndr] nella Presidenza del Consiglio del Municipio Roma 6, rappresenta – ne siamo certi – il punto di arrivo della Giunta presieduta dal Presidente Giammarco Palmieri, e sostenuta (?) da una maggioranza di centro-sinistra sancita dal voto democratico dell’aprile 2008. Per chi, come me e come molti altri, crede fermamente ai valori della sinistra, questa è senz’altro una notizia triste e penso personalmente che non sia il caso di aprire la “caccia ai traditori”, ai reprobi che hanno unito, di volta in volta, i loro voti a quelli della destra o a chi, molto più spesso, pur facendo parte del gruppo di maggioranza relativa (PD), ha fatto mancare i suoi voti determinando quasi sempre la prevalenza numerica dell’opposizione nelle votazioni all’interno del Consiglio municipale.
Penso che sia molto più saggio operare un’analisi accurata, anche se dolorosa, dei difetti, dei limiti oggettivi e soggettivi palesati dalla Giunta e dalla maggioranza di centro-sinistra in questi quasi quattro anni di governo municipale e, inoltre, cominciare a riflettere seriamente (abbiamo un anno di tempo, probabilmente, ma proprio per questo non è il caso di perdere tempo) su come sviluppare un dibattito partecipato per costruire una rinnovata coalizione in vista delle elezioni amministrative del 2013 e, soprattutto, un programma innovativo, progressista, basato su poche idee-guida, atto a raccogliere il maggior consenso possibile.
Partiamo in primo luogo dai limiti oggettivi. Non si può non cominciare, a tale proposito, dalla pervicace azione, svolta in questi anni, dalla Giunta comunale guidata dal Sindaco Alemanno che, oltre a tutti i guai procurati alla città (sotto il profilo urbanistico, della mobilità, della trasparenza finanziaria, del gonfiamento clientelare del personale delle aziende che fanno capo al Comune di Roma, dello scandalo delle consulenze, ecc.), si è caratterizzata per lo smantellamento sistematico dei poteri e delle competenze degli organi di decentramento amministrativo. Con Alemanno i Municipi, e con essi l’idea stessa di una democrazia partecipata, sono stati ridotti al lumicino, a organi privi di sostanza politica. La medesima azione di super-accentramento dei poteri (alla faccia del federalismo leghista!) condotta a livello nazionale dal Governo Berlusconi, è stata svolta, a livello dei maggiori enti locali, dalle giunte di centro-destra, ma in maniera esemplare dalla Giunta Alemanno a Roma. Pertanto era difficile, se non impossibile, per le Giunte di centro-sinistra della Capitale, contrastare il rullo compressore di nome Gianni Alemanno. Era difficile, se non impossibile, sostanziare di contenuti politicamente rilevanti e innovatori l’azione di giunte municipali alle prese con riduzioni di poteri, diminuzioni di stanziamenti in Bilancio, alle prese con una impressionante serie di “fatti compiuti” sui quali nessuna protesta e nessuna richiesta dal basso è riuscita a trovare il benché minimo esisto positivo.
Ciò detto, e sebbene quanto detto a proposito della politica della Giunta Alemanno costituisca il motivo principale per le défaillances delle giunte municipali di centro-sinistra, non si può tuttavia sorvolare sui limiti soggettivi rappresentati, nell’ordine:
a) dalla crisi interna del PD a livello cittadino (è inutile riassumere tutte le vicende, ben note, dello scontro tra correnti, del commissariamento, ecc.; vicende oltre tutto, non ancora risolte);
b) delle conseguenti crisi provocate a livello dei Municipi, e in particolare all’interno dei gruppi consiliari (non è soltanto il Municipio VI a dover scontarne i nefasti effetti); crisi simbolicamente rappresentate dai frequentissimi “cambi di casacca” di singoli consiglieri, dalla nascita inopinata di nuovi gruppi che, pur non avendo partecipato alle elezioni, si sono ritrovati, ad un certo punto, con assessori e gruppi consiliari anche consistenti (vedi il caso dell’API proprio nel VI municipio), quando non addirittura con Presidenze (vedi sempre il caso API in V municipio);
c) della debolezza numerica (ma non solo) dei gruppi alla sinistra del PD, vale a dire IDV, SEL, ex Sinistra Arcobaleno, incapaci di elaborare una linea comune o di esercitare, all’interno dei Consigli, la funzione di polo d’attrazione per quei consiglieri, sinceramente di sinistra, scontenti della crisi che si era abbattuta sul PD;
d) dei personalismi, dei localismi, degli opportunismi di piccolo cabotaggio di cui hanno dato prova diversi esponenti del PD (e qui non si può pensare a tante piccole storie accadute anche e soprattutto nel Municipio VI); ma forse, su queste questioni, sarà meglio stendere un velo pietoso.
Dopo l’auto-critica, necessaria ma non sufficiente, sarà bene cominciare a riflettere su cosa fare in vista del prossimo futuro (elezioni 2013), tenendo in considerazione due elementi che considero preliminari:
1) la crisi di credibilità del centro-destra che, dopo la pessima prova fornita e dal Governo Berlusconi e dalla Giunta Alemanno, è in precipitoso calo di consensi, con conseguente probabile sconfitta alle prossime elezioni amministrative;
2) la necessità di Ricostruire un nuovo centro-sinistra che, sulla base di un programma partecipato e condiviso, possa presentarsi alle elezioni con serie credenziali di rinnovamento, progresso e, per quanto riguarda la città di Roma, con proposte di sviluppo sostenibile, di investimenti nella cultura, di nuove politiche di welfare e di opportunità di lavoro rivolte soprattutto ai giovani, di politiche per l’integrazione interculturale e multietnica e, in ultimo ma non ultimo, di rilancio del decentramento amministrativo.
Per elaborare un programma di centro-sinistra avente le caratteristiche succitate, è necessario, a mio avviso, un avvicinamento, un rassemblement, un lavorio comune (per una comune proposta), tra le forze che, oggettivamente si pongono alla sinistra del PD: parlo di SEL, Federazione della Sinistra, IDV (si, anche IDV, perché non può in alcun caso essere motivo di esclusione la sottoscrizione della mozione di sfiducia alla Giunta Palmieri! Altrimenti, considerato il comportamento di molti esponenti del PD, dovremmo escludere da una possibile intesa soprattutto il PD).
Il rassemblement tra le forze che si pongono alla sinistra del PD (che i sondaggi, tutti i sondaggi, registrano in forte crescita), non deve essere inteso in funzione anti-PD. Folle sarebbe chi pensasse ad una cosa simile. Il fine è proprio il contrario: è quello di recuperare il PD ad una politica amministrativa basata sul decentramento e sulla partecipazione democratica! Solo in questo modo, e a condizione che il PD non presti ascolto alle “musiche innaturali” suonate dalle sirene del Terzo Polo, un partito come il PD può recuperare le sue radici democratiche e popolari.
Tra gli strumenti che, a mio avviso, possono riavvicinare le forze del futuro centro-sinistra (sia a livello cittadino che a livello municipale) non sono affatto da sottovalutare le cosiddette “primarie”. Esse hanno dato buonissima prova in tante realtà (Napoli, Milano, Cagliari, Torino, Bologna, ecc.), hanno riportato alla politica tanti che se ne erano, giustamente, allontanati. Perché non farle anche nella Capitale? Di cosa si ha paura? Forse che possa nascere una nuova classe dirigente? Forse di un ruolo più attivo, più presente, più cogente, da parte della società civile?
“Qui si parrà la tua nobilitate”, diceva il Poeta. Se siamo ancora delle forze di progresso, di innovazione, di democrazia, di partecipazione, questo è il momento di dimostrarlo. “Hic Rhodus, hic salta …”.
Francesco Sirleto
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